Pubblicato il da Stefania Cammarata
fonte: https://scuola.psbconsulting.it
Nel presente contributo verranno esaminati gli istituti del congedo obbligatorio di paternità e del congedo parentale, entrambi oggetto di recenti modifiche normative introdotte dal decreto legislativo 30 giugno 2022, n. 105, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 176 del 29 luglio 2022, prestando particolare attenzione ai riflessi che tali novelle hanno comportato sul Comparto Scuola.
A queste novità si aggiungono, anche, quelle introdotte dalla Legge di Bilancio 2023.
Le due tipologie di congedi trovano puntuale disciplina nel D.Lgs. n. 151 del 26 marzo 2001, che detta norme in materia di congedi, riposi, permessi e tutela delle lavoratrici e dei lavoratori connessi alla maternità e paternità di figli naturali, adottivi e in affidamento, nonché il sostegno economico alla maternità e alla paternità.
Il congedo di paternità, in particolare, è un congedo obbligatorio di 10 giorni finalizzato a una più equa ripartizione delle responsabilità di assistenza tra uomini e donne e a un’instaurazione precoce del legame tra padre e figlio.
L’art. 1, comma 2, del D.lgs. 105/2022, ha ampliato la platea degli aventi diritto.
La norma in commento così recita:
“nell’ottica della piena equiparazione dei diritti alla genitorialità e all’assistenza, i congedi (…) oggetto del presente decreto (…), sono direttamente applicabili anche ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni”.
Pertanto l’istituto in commento, essendo stato esteso anche ai dipendenti pubblici che, in precedenza, ne erano esclusi, dal 13 agosto 2022 trova applicazione anche nei confronti del personale scolastico.
Rimangono esclusi solo i padri lavoratori autonomi e quelli iscritti alla Gestione Separata.
Tanto premesso, l’articolo 2, comma 1, lettera c), del decreto in commento introduce l’articolo 27-bis al Capo IV del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico genitorialità, di seguito anche T.U.), che disciplina il “Congedo di paternità obbligatorio” (recependo e ampliando le tutele previste per il congedo obbligatorio del padre introdotto della legge 28 giugno 2012, n. 92, e successive modificazioni).
Di seguito si illustrano sinteticamente le disposizioni normative previste nel citato articolo 27- bis del T.U.
Il padre lavoratore dipendente si astiene dal lavoro per un periodo di 10 giorni lavorativi (non frazionabili a ore e fruibili anche in via non continuativa), nell’arco temporale che va dai 2 mesi precedenti la data presunta del parto fino ai 5 mesi successivi alla nascita.
Il congedo è fruibile, entro lo stesso arco temporale, anche in caso di morte perinatale del figlio.
In caso di parto plurimo, la durata del congedo è aumentata a 20 giorni lavorativi.
Il congedo si applica anche al padre adottivo o affidatario.
I giorni di congedo sono fruibili dal padre anche durante il congedo di maternità della madre lavoratrice e sono compatibili con la fruizione (non negli stessi giorni) del congedo di paternità alternativo di cui all’articolo 28 del T.U.
Il padre deve comunicare in forma scritta al datore di lavoro i giorni in cui intende fruire del congedo obbligatorio, con un anticipo non minore di cinque giorni, ove possibile in relazione all’evento nascita, sulla base della data presunta del parto, fatte salve le condizioni di miglior favore previste dalla contrattazione collettiva.
Ai sensi del novellato articolo 29 del T.U., per i giorni di congedo di paternità obbligatorio è riconosciuta un’indennità giornaliera pari al 100 per cento della retribuzione.
Il trattamento economico e normativo è determinato ai sensi dell’articolo 22, commi da 2 a 7, e dell’articolo 23 del T.U.;
il trattamento previdenziale è quello previsto dall’articolo 25 del T.U. Pertanto, a differenza della previgente disciplina prevista per il congedo obbligatorio del padre di cui all’articolo 4, comma 24, lettera a), della legge n. 92/2012, e successive modificazioni, il nuovo congedo di paternità obbligatorio:
- può essere fruito a partire dai 2 mesi prima della data presunta del parto fino ai 5 mesi successivi alla nascita del figlio (non più solamente entro i 5 mesi successivi alla nascita);
- è raddoppiato a 20 giorni, in caso di parto plurimo.
Il D. Lgs. n.105/2022 introduce importanti novità anche per il congedo parentale, modificando gli articoli 32 e 34 del T.U. n.151/2001.
Le nuove disposizioni riguardano il termine entro cui si può usufruire del congedo e l’età del figlio entro la quale viene riconosciuta l’indennità.
Il congedo parentale è un periodo di astensione facoltativa dal lavoro concesso ai genitori per prendersi cura del bambino nei suoi primi anni di vita e soddisfarne i suoi bisogni affettivi e relazionali.
L’art. 2, comma 1, lett. i) del decreto in commento, nel dare attuazione alla Direttiva (UE) 2019/1158, al fine di conciliare l’attività lavorativa e la vita privata per i genitori e i prestatori di assistenza, nonché di conseguire la condivisione delle responsabilità di cura tra uomini e donne e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare, ha disposto la modifica del comma 1 dell’articolo 34 del T.U. genitorialità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, che prevede:
“Per i periodi di congedo parentale di cui all’articolo 32, fino al dodicesimo anno di vita del figlio, a ciascun genitore lavoratore spetta per tre mesi, non trasferibili, un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione. I genitori hanno altresì diritto, in alternativa tra loro, ad un ulteriore periodo di congedo della durata complessiva di tre mesi, per i quali spetta un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione”.
Alla luce della novella normativa, i periodi indennizzabili di congedo parentale sono i seguenti:
- alla madre, fino al dodicesimo anno (e non più fino al sesto anno) di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) spetta un periodo indennizzabile di 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore;
- al padre, fino al dodicesimo anno (e non più fino al sesto anno) di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento) spetta un periodo indennizzabile di 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore;
- entrambi i genitori hanno altresì diritto, in alternativa tra loro, a un ulteriore periodo indennizzabile della durata complessiva di 3 mesi, per un periodo massimo complessivo indennizzabile tra i genitori di 9 mesi (e non più 6 mesi).
In sintesi, la coppia genitoriale potrà godere di un congedo parentale pari a complessivi 9 mesi, coperti da una indennità del 30%:
3 mesi per la mamma, 3 mesi per il papà, ed altri 3 mesi in alternativa tra loro.
Per il personale della scuola – attesa la condizione di maggior favore introdotta dalla contrattazione collettiva – nel primo mese di congedo parentale verrà corrisposta l’intera retribuzione.
Restano, invece, immutati i limiti massimi individuali e di entrambi i genitori previsti dall’articolo 32 del T.U. ossia:
- la madre può fruire di massimo 6 mesi di congedo parentale per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento;
- il padre può fruire di massimo 6 mesi (elevabili a 7 mesi nel caso in cui si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi) per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento;
- entrambi i genitori possono fruire complessivamente massimo di 10 mesi di congedo parentale (elevabili a 11 mesi nel caso in cui il padre si astenga per un periodo intero o frazionato non inferiore a 3 mesi) per ogni figlio entro i primi dodici anni di vita o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento;
- Al genitore solo, sono riconosciuti 11 mesi (e non più 10 mesi) continuativi o frazionati di congedo parentale, di cui 9 mesi (e non più 6 mesi) sono indennizzabili al 30 per cento della retribuzione.
La novella normativa precisa che per genitore solo deve intendersi anche il genitore nei confronti del quale sia stato disposto, ai sensi dell’articolo 337-quater del codice civile, l’affidamento esclusivo del figlio.
Per i periodi di congedo parentale ulteriori ai 9 mesi indennizzabili per entrambi i genitori o per il genitore solo, è dovuta, fino al dodicesimo anno (e non più fino all’ottavo anno) di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento), un’indennità pari al 30 % della retribuzione, a condizione che il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.
L’indennità è calcolata secondo quanto previsto all’articolo 23 del T.U.
Anche per quest’ultimo aspetto è dato registrare un miglioramento: la normativa precedente prevedeva invece – a fronte della medesima condizione di reddito – la corresponsione dell’indennità al 30% dal sesto all’ottavo anno di età del figlio o entro i 6/8 anni dall’ingresso in famiglia per l’adozione o l’affidamento.
Viene, inoltre, confermato che i periodi di congedo parentale sono computati nell’anzianità di servizio e specificato, a differenza delle precedenti disposizioni, che “non comportano riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilità.., ad eccezione degli eventuali emolumenti accessori connessi all’effettiva presenza in servizio” e, comunque, fatto salvo quanto diversamente previsto dalla contrattazione collettiva.
Per il personale della scuola, infatti, solo il primo dei mesi di congedo, retribuito al 100%, era utile, in passato, alla maturazione delle ferie e del rateo della 13^ mensilità.
Dal 13 agosto 2022, invece, anche i periodi di congedo indennizzati al 30% non comporteranno alcuna diminuzione delle ferie e della 13^ mensilità.
Ai lavoratori dipendenti che siano genitori adottivi o affidatari,il congedo parentale spetta con le stesse modalità descritte sopra, entro i primi 12 anni dall’ingresso del minore nella famiglia, indipendentemente dall’età del bambino all’atto dell’adozione o affidamento, e non oltre il compimento della sua maggiore età.
Giova precisare che il congedo parentale spetta ai genitori che siano in costanza di rapporto di lavoro.
Pertanto, il personale scolastico che ottiene una supplenza ovvero un’assunzione a tempo indeterminato, può fruire del congedo in questione solo dopo aver perfezionato il rapporto di lavoro attraverso la presa di servizio.
Quanto detto vale sia per il personale a tempo indeterminato che per quelli a tempo determinato (per questi ultimi, entro i limiti della durata del rapporto di lavoro).
Tuttavia, con riguardo al personale scolastico che accetta un incarico di supplenza conferito nel periodo di astensione obbligatoria da lavoro, la Ragioneria territoriale dello Stato ha precisato che lo stesso ha diritto, dalla data di stipula del contratto, allo stesso trattamento economico previsto per il personale a tempo indeterminato.
Il rapporto di lavoro si perfeziona, in questo caso, con la semplice accettazione della nomina risultando ininfluente la presa di servizio.
Se il rapporto di lavoro cessa all’inizio o durante il periodo di congedo, il diritto al congedo stesso viene meno dalla data di interruzione del lavoro.
Per completezza espositiva, si evidenzia che l’art. 12, comma 6, del CCNL 2007 prevede che:
“i periodi di assenza di cui ai precedenti commi 4 e 5, nel caso di fruizione continuativa, comprendono anche gli eventuali giorni festivi che ricadano all’interno degli stessi. Tale modalità di computo trova applicazione anche nel caso di fruizione frazionata, ove i diversi periodi di assenza non siano intervallati dal ritorno al lavoro del lavoratore o della lavoratrice. Su tali presupposti, con la recente sentenza n. 15633 del 2020, la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che ai fini della determinazione del periodo di congedo parentale, si tiene conto dei giorni festivi solo nel caso in cui gli stessi rientrino interamente e senza soluzione di continuità nel periodo di fruizione e non anche nel caso in cui l’interessato rientri al lavoro nel giorno precedente a quello festivo e riprenda a godere del periodo di astensione da quello immediatamente successivo, senza che rilevi che, per effetto della libera decisione del lavoratore o della lavoratrice, possa esservi un trattamento differente (e peggiorativo), con fruizione effettiva di un minor numero di giorni di congedo parentale, per effetto della decisione di rientrare al lavoro in un giorno non seguito da una festività, dovendosi ritenere tale soluzione conforme ai principi di cui agli artt. 30 e 31 Cost., che, nel dettare norme a tutela della famiglia e nel fissare il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare la prole, impongono una applicazione non restrittiva dell’istituto”.
Il CCNL 2007 (art. 12) prevede che la domanda, per fruire del congedo parentale, vada presentata 15 giorni prima della decorrenza del congedo (48 ore prima in caso di particolari e comprovate situazioni personali che rendano impossibile il rispetto del predetto termine di 15 giorni).
Tale previsione è superata da quella di cui al D.lgs. n. 80/2015, che prevede un preavviso di cinque giorni.
Tuttavia per il settore Scuola, come chiarito dal Ministero del lavoro, con apposito interpello:
“deve ritenersi che i termini di preavviso minimi restino fissati in 15 giorni tutte le volte in cui la contrattazione collettiva abbia richiamato, ai fini della loro individuazione, il termine minimo previsto dalla normativa vigente al momento della definizione degli accordi”.
Precisiamo che con l’Ipotesi di CCNL 2019/21 (di cui si attende ancora la firma definiva, affinché diventi vigente) la disposizione in questione si è allineata alla previsione di cui al D.lgs. 80/15 (quindi preavviso di 5 giorni).
Al momento, però, è sono ancora vigenti le disposizioni contenute nel CCNL 2007.
Da ultimo, come sopra osservato, ulteriori novità in materia di congedo parentale sono introdotte dalla legge di Bilancio 2023.
Nello specifico, l’articolo 1, comma 359, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (di seguito, anche legge di Bilancio 2023), attraverso la modifica al comma 1 dell’articolo 34 del D.lgs 26 marzo 2001, n. 151 ha disposto l’elevazione, dal 30% all’80% della retribuzione, dell’indennità di congedo parentale per una mensilità da fruire entro il sesto anno di vita del figlio (o entro 6 anni dall’ingresso in famiglia del minore in caso di adozione o di affidamento e, comunque, non oltre il compimento della maggiore età).
La citata previsione, che opera in alternativa tra i genitori, trova applicazione con riferimento ai lavoratori dipendenti, sia del settore privato che del settore pubblico a condizione che:
- i periodi di congedo siano fruiti a partire dal 1° gennaio 2023;
- il congedo sia fruito per figli di età inferiore a sei anni o entro sei anni dall’ingresso del minore in caso di affidamento/adozione;
- il periodo di congedo di maternità o, in alternativa, di paternità sia terminato successivamente al 31 dicembre 2022.
Corre l’obbligo precisare che la legge di bilancio 2023 non aggiunge un ulteriore mese di congedo parentale indennizzato all’80% della retribuzione, ma dispone l’aumento dell’indennità dal 30% all’80% di un solo mese.
Il dipartimento per La Funzione Pubblica, con nota 20810/2023, ha precisato che l’innalzamento della misura pari all’80% della retribuzione, non risulta applicabile per quelle categorie di lavoratori dipendenti il cui CCNL prevede una disciplina di miglior favore.
Orbene, l’art. 12, comma 4, del CCNL dispone che “Nell’ambito del periodo di astensione dal lavoro previsto dall’art. 32, comma 1, lett. a) del D. Lgs. n. 151/2001, per le lavoratrici madri o in alternativa per i lavoratori padri, i primi trenta giorni, computati complessivamente per entrambi i genitori e fruibili anche in modo frazionato, non riducono le ferie, sono valutati ai fini dell’anzianità di servizio e sono retribuiti per intero, con esclusione dei compensi per lavoro straordinario e le indennità per prestazioni disagiate, pericolose o dannose per la salute“.
Pertanto, si può agevolmente concludere che la disposizione prevista dalla legge di Bilancio 2023 non può essere estesa ai lavoratori della scuola (docenti e ATA).