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L’articolo che pubblichiamo oggi dell’Avv. Alberico Sorrentino tratta della “Mobilità del personale e sedi disponibili: l’aspettativa per periodo di prova ex art. 18 comma 3 CCNL 2007 e l’aspettativa non retribuita ex art. 23 bis Dlgs. 165 del 2001 “Un istituto molto importante, il primo, per il personale della scuola che non voglia perdere l’occasione di sperimentare anche altre possibilità lavorative pur conservando per un periodo limitato la titolarità del proprio posto di lavoro. Per questo ci sembra utile riproporre il testo di questo articolo.
Art. 18 – Aspettativa per Motivi di Famiglia, di Lavoro, Personali e di Studio
- 1. L’aspettativa per motivi di famiglia o personali continua ad essere regolata dagli artt. 69 e 70 del T.U. approvato con D.P.R. n. 3 del 10 gennaio 1957 e dalle leggi speciali che a tale istituto si richiamano. L’aspettativa è erogata dal dirigente scolastico al personale docente ed ATA. L’aspettativa è erogata anche ai docenti di religione cattolica di cui all’art. 3, comma 6 e 7 del D.P.R. n. 399/1988, ed al personale di cui al comma 3 dell’art. 19 del presente CCNL, limitatamente alla durata dell’incarico.
- 2. Ai sensi della predetta norma il dipendente può essere collocato in aspettativa anche per motivi di studio, ricerca o dottorato di ricerca. Per gli incarichi e le borse di studio resta in vigore l’art. 453 del D.P.R. n. 297 del 1994.
- 3. Il dipendente è inoltre collocato in aspettativa, a domanda, per un anno scolastico senza assegni per realizzare, l’esperienza di una diversa attività lavorativa o per superare un periodo di prova.
Istituto ben diverso poi è quello disciplinato da art. 23 bis del Dlgs 165/2001 rubricato “Disposizioni in materia di mobilità tra pubblico e privato”, tale disposizione, nel testo modificato dall’art. 4 della legge 19 giugno 2019, n. 56 (c.d. legge concretezza), stabilisce che “In deroga all’articolo 60 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, sono collocati, salvo motivato diniego dell’amministrazione di appartenenza in ordine alle proprie preminenti esigenze organizzative, in aspettativa senza assegni per lo svolgimento di attività presso soggetti e organismi, pubblici o privati, anche operanti in sede internazionale, i quali provvedono al relativo trattamento previdenziale.
Nel comparto scuola la problematica è emersa in particolare per i docenti di ruolo a cui viene conferito un contratto a tempo determinato nel settore AFAM. Il Dott. Sorrentino tratta anche questo problema utilizzando come supporto quanto disposto
dal Dipartimento della Funzione Pubblica, con il Parere n. 7147 del 3 febbraio 2021, allegato all’articolo.
Presentazione a cura della Dott.ssa Paola Perlini
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Contributo a cura dell’Avv. Alberico Sorrentino
Mobilità del personale e sedi disponibili: l’aspettativa per periodo di prova ex art. 18 comma 3 CCNL 2007 e l’aspettativa non retribuita ex art. 23 bis Dlgs. 165 del 2001
Quest’anno l’Ordinanza Ministeriale prot. n 36 del 01/03/2023 ha permesso al personale ATA di presentare domanda di mobilità.
Ancora una volta sono presenti disuguaglianze non giustificate rispetto al personale docente, dato che il personale amministrativo ha potuto presentare domanda di mobilità interprovinciale indicando una sola provincia (e non quindici) diversa da quella di titolarità.
Tale problematica riguarda anche i Direttori SGA in particolare gli immessi nell’a.s. 2020/2021 i quali esaurito il vincolo triennale possono finalmente presentare domanda di mobilità.
Tuttavia nessun ambito territoriale rende disponibile un elenco di scuole in cui vi è ad oggi la vacanza del posto nel profilo di Direttore SGA e in alcuni casi non vengono pubblicati nemmeno i pensionamenti.
Una problematica che sta emergendo in virtù di una stagione concorsuale senza precedenti nella Pubblica Amministrazione (gli unici ad essere spariti sono i Bandi di concorso per DSGA), concerne un uso distorto dell’istituto dell’aspettativa per periodo di prova di cui al CCNL art. 18 comma 3 ai sensi del quale “il dipendente è inoltre collocato in aspettativa, a domanda, per un anno scolastico senza assegni per realizzare, l’esperienza di una diversa attività lavorativa o per superare un periodo di prova”.
Una volta superato il periodo di prova in altra PA il titolare del ruolo, verrebbe a trovarsi di fatti in una situazione di chiara incompatibilità in quanto l’art. 53 Dlgs 165/2001, norma imperativa, vieta in maniera chiara la possibilità di essere contemporaneamente titolare in due pubbliche amministrazioni differenti richiamando l’art. 65 t.u. imp. civ. St. (DPR 10 gennaio 1957 n. 3), tutt’ora vigente ai sensi del quale “gli impieghi pubblici non sono cumulabili, salvo le eccezioni stabilite da leggi speciali. I capi di ufficio, di istituti o di aziende e stabilimenti pubblici sono tenuti, sotto la loro personale responsabilità, a riferire al ministro competente, il quale ne dà notizia alla Corte dei conti, i casi di cumulo di impieghi riguardanti il dipendente personale.
L’assunzione di altro impiego nei casi in cui la legge non consente il cumulo importa di diritto la cessazione dall’impiego precedente, salva la concessione del trattamento di quiescenza eventualmente spettante, ai sensi dell’art. 125, alla data di assunzione del nuovo impiego”.
Vale ricordare che la giurisprudenza, occupandosi della questione, ha stabilito che “l’art. 65 del T.U. 10.1.57 n. 3 … nel porre il divieto esplicito di cumulo di pubblici impieghi, predispone un meccanismo automatico che richiede solo un’attività ricognitiva da parte dell’amministrazione, in base al quale meccanismo l’assunzione di un nuovo impiego da parte dell’impiegato determina di diritto la cessazione di quello precedente sul presupposto che il dipendente, accettando il secondo rapporto, abbia inteso di dismettere il primo” (Cons. Stato, sez. VI, 6667/04 e Cons. giust. amm. Sicilia, Sent., 06/04/2018, n. 211, Corte dei Conti Lombardia, Sez. contr., Delib., 12/09/2018, n. 232).
Pertanto, il personale della scuola che dovesse avvalersi dell’aspettativa di cui all’art. 18 comma 3, terminato il periodo di prova si trova di fronte alla scelta di rientrare presso l’amministrazione di appartenenza laddove ha “conservato” lo status di dipendente pubblico con conseguente applicazione del regime delle incompatibilità di cui all’art. 53 del D.Lgs. n. 165 del 2001, ovvero comunicare di preferire il nuovo rapporto di lavoro con conseguenti dimissioni con decorrenza immediata (e non dal 1° settembre dell’anno scolastico successivo).
Ciò in quanto in virtù della privatizzazione del Pubblico Impiego a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 29 del 1993, con conseguente applicazione delle norme del codice civile e delle leggi civili sul lavoro, nonchè delle norme sul pubblico impiego, solo in quanto non espressamente abrogate e non incompatibili, “le dimissioni del lavoratore costituiscono un negozio unilaterale recettizio, idoneo a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro dal momento in cui vengano a conoscenza del datore di lavoro e indipendentemente dalla volontà di quest’ultimo di accettarle, sicchè non necessitano più, per divenire efficaci, di un provvedimento di accettazione da parte della pubblica amministrazione” (Corte di Cassazione – Lavoro – Sentenza 28/05/2021, n. 14993).
In assenza della suddetta comunicazione l’amministrazione, decorso il periodo di prova, deve procedere ad un’attività di mera ricognizione circa la volontà del dipendente di preferire altro impiego pur essendo intervenuta ipso jure la decadenza automatica stante il divieto di cumulabilità di impieghi pubblici.
Istituto ben diverso poi è quello disciplinato da art. 23 bis del Dlgs 165/2001 rubricato “Disposizioni in materia di mobilità tra pubblico e privato”, tale disposizione, nel testo modificato dall’art. 4 della legge 19 giugno 2019, n. 56 (c.d. legge concretezza), stabilisce che
“In deroga all’articolo 60 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ivi compresi gli appartenenti alle carriere diplomatica e prefettizia, e, limitatamente agli incarichi pubblici, i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato sono collocati, salvo motivato diniego dell’amministrazione di appartenenza in ordine alle proprie preminenti esigenze organizzative, in aspettativa senza assegni per lo svolgimento di attività presso soggetti e organismi, pubblici o privati, anche operanti in sede internazionale, i quali provvedono al relativo trattamento previdenziale.
Resta ferma la disciplina vigente in materia di collocamento fuori ruolo nei casi consentiti. Il periodo di aspettativa comporta il mantenimento della qualifica posseduta. E’ sempre ammessa la ricongiunzione dei periodi contributivi a domanda dell’interessato, ai sensi della legge 7 febbraio 1979, n. 29, presso una qualsiasi delle forme assicurative nelle quali abbia maturato gli anni di contribuzione…..”
Nel comparto scuola la problematica è emersa in particolare per i docenti di ruolo a cui viene conferito un contratto a tempo determinato nel settore AFAM.
Infatti, l’art. 18 comma 3 del CCNL Scuola del 29/11/2007 consente di usufruire dell’aspettativa per un anno scolastico, senza assegni, per realizzare l’esperienza di una diversa attività lavorativa o per superare un periodo di prova e oltre a non essere reiterabile, ha il problema dello sfasamento tra la fine dell’anno scolastico (31 agosto) e fine dell’anno accademico (31 ottobre).
Per cui in questi casi il personale fa ricorso all’istituto di cui all’art. 23 bis del Dlgs 165/2001.
Sul tema è intervenuto il Dipartimento della Funzione Pubblica, con il Parere n. 7147 del 3 febbraio 2021, pubblicato in data 8 marzo 2021, il quale dopo aver ricordato che nel nostro ordinamento è vigente il divieto di cumulo di impieghi pubblici posto dall’art. 65 del DPR n. 3 del 1957, ha sottolineato come l’aspettativa non retribuita di cui all’art. 23-bis del d.lgs. n. 165 del 2001, in ragione della sua specialità, possa trovare applicazione esclusivamente in termini di residualità rispetto ad altri istituti previsti da norme di rango legislativo che disciplinano con maggior dettaglio fattispecie in cui il dipendente pubblico può prestare servizio per un’amministrazione diversa da quella nei cui ruoli è inquadrato e, comunque, subordinatamente alla previa valutazione dell’esigenze organizzative e in funzione del perseguimento di obiettivi di crescita professionale del dipendente interessato.
Nelle intenzioni del legislatore, infatti come ricorda il Dipartimento della Funzione Pubblica, il principale obiettivo dell’aspettativa in esame doveva essere “l’osmosi tra le diverse esperienze professionali (pubblico/privato) attraverso cui si sarebbe favorito lo sviluppo di più articolate esperienze professionali con positive ricadute al suo rientro per lo sviluppo della capacità amministrativa dell’amministrazione che la disponeva.”
Da qui l’interpretazione restrittiva della norma in parola, la quale di certo non può essere invocata per l’espletamento di un periodo di prova in altra PA, trattandosi di istituti come illustrato aventi presupposti ed obiettivi differenti.
In conclusione spetta agli uffici territoriali, tenuto conto di quanto illustrato, l’onere di procedere ad una ricognizione effettiva dei posti vacanti da destinare alla mobilità ai sensi dell’art. 39 CCNI del 27/01/2022 (sedi disponibili per le operazioni di mobilità), onde non ledere il diritto alla mobilità degli interessati in presenza dei requisiti disciplinati dal CCNI e dall’Ordinanza Ministeriale n° 36”.